“I difetti degli altri li abbiamo sotto gli occhi,
i nostri sono sulle spalle”
Seneca
La richiesta di aiuto da parte delle coppie, ha subito un significativo incremento negli ultimi dieci anni, parallelamente è aumentata anche la sensibilità clinica verso la coppia come soggetto portatore di una specifica richiesta di aiuto. L’ottica relazionale-sistemica ha indubbiamente contribuito a questa accresciuta attenzione verso le problematiche della coppia, ma la presa in carico della coppia, ha ormai sviluppato una autonomia riconosciuta per cui si distingue dalla terapia familiare da cui proviene e necessita di una sua specifica competenza e metodologia terapeutica.
Gli studiosi e i terapeuti della coppia si sono chiesti se sia possibile individuare delle caratteristiche, degli indicatori che contraddistinguono la coppia sana da quella “meno sana”.
W.R.Beavers (Il Matrimonio riuscito ed. Astrolabio) grazie alla sua pluriennale esperienza clinica e terapeutica propone quattro principali caratteristiche differenziali:
1) Ambedue i membri della coppia devono pensare che la verità (nella coppia) sia relativa e non assoluta; cioè che nessuno ha la ragione assoluta ma che ciascuno ha le proprie ragioni.Questo sano atteggiamento predispone un partner a recepire-comprendere anche la posizione dell’altro.
2) Nella coppia entrambi i partners devono avere dei gradi di autonomia funzionale. La simbiosi non va bene fatta eccezione per lo stadio iniziale dell’innamoramento e io aggiungerei anche per quello della vecchiaia.
“State uniti ma non troppo vicini… la quercia e il cipresso non crescono l’uno all’ombra dell’altro”
K. Gibran
3) Il potere nella coppia deve essere in qualche modo distribuito e non concentrato in un solo partner.
4) I partners devono poter dire a sé stessi : “Non è vero che io non posso vivere senza di te, non è vero che tu non puoi vivere senza di me”. Anche se ovviamente tale eventualità arrecherebbe un grossissimo dolore e sofferenza. Questo assunto non si addice al periodo dell’innamoramento. E io aggiungerei anche a quello della vecchiaia avanzata.
I motivi di fragilità della coppia invece, sono in parte fisiologici cioè legati alle varie fasi del ciclo di vita individuale e della coppia e sicuramente ampliati dalle caratteristiche di crisi della società moderna occidentale così ben caratterizzati e riassunti da Bauman nel concetto di “società liquida e amore liquido”, e in parte dovuti a eventi imprevedibili o straordinari. Nell’aspetto “fisiologico” la fragilità si evidenzia soprattutto nella difficoltà a reggere il cambiamento e il necessario riadattamento alle varie fasi che attraversa la coppia nel corso della sua storia. Dall’innamoramento iniziale alla formazione di una coppia stabile, dalla successiva nascita e crescita dei figli all’entrata dei figli nell’età adolescenziale e al il loro successivo sganciamento dalla famiglia ,dalla crisi del “nido vuoto” al successivo necessario reciproco riposizionamento “a tempo pieno” dei membri della coppia nell’originario ruolo di partners troppo spesso sacrificato quello genitoriale. A questi problemi “fisiologici” , si aggiungono quelli “straordinari” non prevedibili o “traumatici” come può costituire la perdita del lavoro, il tradimento, la malattia del partner o di un figlio che portano nella coppia un carico emotivo troppo grande rispetto alla struttura psichica dell’uno o dell’altro partner. Oppure la crisi può essere semplicemente frutto di una crescita divergente dei partner che nel corso degli anni ha creato una distanza emotiva sempre più profonda tra gli stessi , oppure perché l’uno o entrambi i partners hanno” tradito” e/o cambiato il patto iniziale , esplicito o implicito, su cui si era fondata inizialmente la coppia. A queste possibili cause D. Ghezzi aggiunge una ulteriore causa di crisi peculiare all’approccio sistemico-relazionale e cioè: La cattiva uscita o rientro nella famiglia di origine di uno o entrambi i partners, cioè il mancato sganciamento o, detto in termini psicoanalitici , un processo di individuazione-separazione rispetto alle figure genitoriali non adeguatamente elaborato tale che diventa di ostacolo nel creare quella nuova entità psicosociale che è la coppia.
A queste considerazioni va aggiunto che in ogni caso, la convivenza protratta (di almeno due anni) tra i partners, anche nella situazione di un “cattivo incastro” rispetto ai bisogni emotivi reciproci, genera comunque un legame di attaccamento spesso molto forte e non facile da sciogliere anche se disfunzionale alla coppia stessa.
Come si vede sono allora differenti i motivi per cui la coppia possa attraversare un momento di maggiore difficoltà o di disagio: indicatori di ciò sono l’aumento dei conflitti, le liti, l’insoddisfazione, la mancanza di dialogo, la perdita dell’intimità psichica e sessuale . Spesso tali difficoltà ,riescono a essere superate spontaneamente dalla coppia e non necessitano dell’aiuto terapeutico, molte volte però ciò non accade e anzi, il disagio sembra aumentare e la possibilità di dialogo diminuire. In queste circostanze i due partner hanno di fronte a sé due possibilità: quella di cercare di rinnovare il rapporto coniugale o di interromperlo.In entrambi questi casi, il ruolo del terapeuta , é quello di facilitare un processo attraverso il quale la scelta sia finalizzata al benessere di entrambi i partner, sia che questa comporti un rinnovato desiderio di stare bene insieme, sia che porti alla decisione di lasciarsi senza stare troppo male, salvaguardando al tempo stesso ciò che di positivo la coppia ha costruito nel tempo. Non dà ultimo bisogna inoltre aiutare i coniugi a salvaguardare il benessere dei figli se presenti, obiettivo che le difficoltà relazionali spesso precludono senza l’apporto terapeutico. La terapia della coppia secondo D. Ghezzi si rivela idonea nelle situazioni di disagio e sofferenza della coppia, ogniqualvolta sia esclusa la presenza di sintomi (non semplice sofferenza) nella generazione dei figli, dove invece è più indicata la terapia familiare
La terapia di coppia in linea generale, citando W. R. Beavers ,un pioniere della terapia di coppia (“Il matrimonio riuscito” ED. Astrolabio), può essere definita come una strategia di trattamento psicoterapeutico che tenta di intervenire in un rapporto di coppia intenzionato a proseguire. Una tale coppia può essere composta da individui dello stesso sesso, oppure eterosessuale, ufficialmente sposata oppure convivente che, a fronte delle proprie difficoltà relazionali che non è in grado di gestire con le proprie risorse, decide di chiedere l’aiuto di un professionista competente in questa branca specifica della psicoterapia. Dopo che uno o entrambi i partners hanno messo in atto una richiesta di aiuto al professionista, si attiva una prassi largamente consolidata fra gli “addetti ai lavori” che prevede due fasi
a) fase della ”consulenza” che si articola su 3-4 incontri di coppia e che tende ad accertare: le ragioni della crisi, la storia della coppia, se esiste la motivazione a proseguire o meno il rapporto in entrambi i partner o solo in uno di essi, e altre condizioni utili per poter affrontare la fase successiva . Durante la fase di consultazione (la prima), può emergere però che non c’è la motivazione adeguata da parte di uno o di entrambi i partners o perchè la situazione può essersi troppo deteriorata nel tempo, o perché uno dei partner ha già deciso per la separazione . In questo caso, si prolunga comunque la consultazione(che non sarà più una terapia) per dare alla coppia e soprattutto al partner più debole, gli strumenti emotivi indispensabili per affrontare il meno peggio possibile il doloroso passaggio della separazione. Se la coppia inoltre ha figli bisognerà valutare preliminarmente anche il loro grado di coinvolgimento e/o di sofferenza nella crisi dei genitori.
Se invece ci sono i presupposti di un rilancio della coppia, la consultazione si conclude con un contratto in cui vengono esplicitati la scansione delle sedute (nel mio modello è trisettimanale), l’onorario, le regole e la presumibile durata che mediamente prevede un percorso articolato su 15/20 sedute .
b) fase della terapia: Se invece entrambi sono decisi ad un rilancio, si lavorerà dopo averli individuati , sui temi-problemi che hanno allontanato i partner l’uno dall’altro Questi problemi possono riguardare l’intimità divenuta insoddisfacente o addirittura problematica, la gestione del denaro, i rapporti non risolti con una o l’altra famiglia di origine , la condivisione o meno di regole riguardo l’educazione dei figli e/o la progettualità della coppia.
La fase della terapia in genere si articola in tre sottofasi:
I FASE: inizio formale della terapia, in genere 3/4 sedute di coppia, dove si approfondiscono punti problematici emersi nella fase di consultazione ad es. tradimenti subiti , l’eccessivo legame con le famiglie di origine e il mancato distacco di uno dei due, la gestione del denaro ecc..
II FASE: ciclo di sedute individuali (2/3) con entrambi i partner, con l’obiettivo di definire le storie famigliari e ciò che ciascuno ha preso dalla propria famiglia di origine, e come queste rappresentino una risorsa o un ostacolo all’interno della coppia.
III FASE: si riprendono le sedute di coppia, si declinano i diversi scenari in base alle considerazioni emerse negli incontri individuali, ci si prepara alla valutazione del percorso fatto e degli obiettivi non ancora raggiunti su cui poter lavorare ancora, quindi si conclude il percorso.
Ciascuna seduta ha la durata di un’ora e mezza. La scansione, ben più lunga rispetto alla terapia individuale, è dovuta alla necessità da parte della coppia, di poter elaborare nell’intervallo tra una seduta e l’altra, gli input al cambiamento ricevuti nella seduta precedente e cercare di mettere in atto quei piccoli cambiamenti nel comportamento quotidiano indicati dalle “prescrizioni” ricevute.
Dr. Fernando Cesarano
Psicologo Psicoterapeuta e Sessuologo Clinico a Gallarate
Psicologo, Psicoterapeuta e Sessuologo Clinico a Gallarate
Iscrizione Albo n. 434 gennaio 1990
P.I.
drcesaranof@gmail.com